Prezzi alle stelle e scarsa disponibilità: il problema delle materie prime

È noto che, una delle sgradite conseguenze del Covid-19, sia l’inarrestabile aumento del costo delle materie prime, che non sembra ancora destinato ad arrestarsi, a cui si aggiunge la difficoltà nel trovare disponibile, ancorché a prezzo rialzato, la materia prima necessaria.

Il sostentamento della supply chain ha creato non pochi disagi per le industrie che lavorano materie prime, causando ritardi, blocchi della produzione, difficoltà a soddisfare le richieste dei clienti e un aumento generale dei prezzi.

Nei primi mesi della pandemia le aziende hanno fermato o ridotto al minimo la loro produzione e di conseguenza gli ordini di materie prime. Di conseguenza con la ripartenza ci si è trovati in molti ad avere necessità degli stessi beni in quantità necessaria non solo a far fronte alla produzione momentanea ma anche a rimpinguare le scorte di magazzino. Ciò, come facile intuire, ha portato ad un vertiginoso aumento dei prezzi delle materie prime dovuto alla loro scarsità.

L’economia italiana, in cui il settore siderurgico ha un’importanza molto rilevante, ha risentito in modo particolare di questa situazione. Il problema, tuttavia, non riguarda solo la siderurgia, ma anche tutte le materie prime nel loro complesso. L’acciaio è un materiale utilizzato in molte produzioni ed è anch’esso soggetto a crisi di reperibilità dovute alla mancanza di minerale di ferro e rottame (il cui prezzo per altro è incrementato notevolmente negli ultimi anni).

Da un’intervista a Flavio Bregant, direttore generale di Federacciai, è emerso che nell’ultimo anno e mezzo tutti i paesi hanno subito una riduzione del PIL con conseguente calo della produzione di acciaio. Situazione anomala in questo contesto è rappresentata dalla Cina che da sola ha più della metà della siderurgia mondiale e in questo periodo ha aumentato del 7% la sua produzione.

Un’altra motivazione da cui dipende l’aumento dei prezzi è la modalità di produzione dell’acciaio che può avvenire dal minerale ferro o dal rottame. In Cina, come pure nella maggior parte d’Europa, la produzione deriva principalmente dal minerale ferro, facendo lievitare i costi di produzione. In Italia, invece, l’80% della produzione deriva da rottame lavorato su forni elettrici, il che sta consentendo una ripresa anche se con costi sempre molto elevati. Infatti anche questa tipologia di produzione soffre di una problematica che deriva dalle tensioni sul rottame dovute al Green New Deal con cui l’Europa vuole procedere ad una procedura di decarbonizzazione della produzione. Questo provvedimento implica un aumento della richiesta di rottame al quale paesi come Cina, Russia e Ucraina stanno rispondendo con l’imposizione di dazi molto pesanti su questo tipo di esportazioni.

C’è da tener presente anche che la filiera produttiva si compone di una lunga serie di attori che spesso sono legati a contratti fissi e che quindi non riescono ad adeguare i prezzi all’andamento del mercato con conseguente erosione dei margini di guadagno.

Nonostante tutto ci sono anche dei dati positivi, come il fatto che il livello produttivo nel nostro Paese raggiunge il massimo della capacità produttiva attualmente a disposizione.

In questo contesto la nostra Azienda è riuscita a far fronte in modo pronto ed organizzato alle esigenze produttive continuando ad acquistare materiale ed investendo nelle scorte di magazzino. Ciò ha rappresentato comunque dei costi di mantenimento e stoccaggio ma quantomeno ci ha permesso di garantire una pronta risposta alle esigenze produttive dei nostri clienti.

Pubblicato il 28 Lug 2021

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